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Le analisi comparate dei progetti ci portano a formulare alcune indicazioni di carattere generale: Si ha un impatto maggiore tanto più è vasta, e trasversale, la popolazione coinvolta. Come è naturale, se si ragiona in Il risultato della formazione è direttamente correlato alla percezione di importanza della popolazione. In altri termini se il problema non è sentito non si attivano risorse di cambiamento. Naturalmente non ci aspettiamo che ci sia sempre una percezione trasversale di necessità, ma è essenziale che almeno la direzione sostenga attivamente i cambiamenti. In questo caso la sensibilizzazione della popolazione sarà la prima parte del lavoro, la seconda la gestione delle resistenze, e poi finalmente gli strumenti per cambiare.
Le persone cambiano se vedono un vantaggio nel farlo. Corollario del punto precedente, ma essenziale in fase di progettazione: quali vantaggi porterà ai malati? Quali al personale? Ogni progetto deve cominciare dagli out put attesi per il processo. Per sedimentare un cambiamento è essenziale che vi siano adeguati strumenti e contesto. Le persone hanno bisogno di poter vedere i risultati in tempi ragionevolmente brevi: non serve fare formazione, ed ancor meno addestramento, se non è possibile sperimentare ciò che si è appreso Per misurare l’impatto organizzativo è necessario sviluppare la “cultura del dato”. Ancora poco diffusa nella sanità pubblica italiana, la “cultura del dato” come riferimento organizzativo è essenziale per valutare i cambiamenti. Spesso si fa invece confusione tra la valutazione delle prestazioni, delle competenze, dei processi, del gradimento e di altro ancora… Il risultato di questo minestrone è una grande fatica che genera numeri che non dicono gran che o che possono essere usati a piacimento. |
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