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COME FARE FORMAZIONE AI FORMATORI NELLA SANITA' PUBBLICA

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Stendere un buon progetto formativo per la sanità pubblica è una sfida appassionante, per riuscirci è però necessario chiarire: gli elementi di contesto (quali ad esempio il clima organizzativo, la cultura dello specifico gruppo di riferimento, il livello di stress a cui i partecipanti sono sottoposti, il quadro normativo e la struttura gerarchica); gli obiettivi dell’organizzazione; le attese dei partecipanti (dare per assunto che coincidano sempre e comunque è un grosso errore); il tempo di cui si può disporre, che costituisce un vincolo non eludibile.

Tarare l’intervento di formazione ai formatori sulla popolazione significa sapere il più possibile dei partecipanti: livello di esperienza lavorativa, livello culturale, abitudine alla formazione, motivazione…. Quanto più il referente organizzativo sarà in grado di fornire informazioni precise, quanto più si potrà (e dovrà) stendere un percorso formativo mirato, dettagliato ed efficace.  

Un buon progetto formativo, per un seminario ad un piccolo gruppo, dovrebbe poi essere costruito in base ad alcuni “pilastri” che costituiscono gli obiettivi chiave, e prevedere una certa flessibilità nella scelta dei tempi e delle esercitazioni: i gruppi infatti sono entità vive che interagiscono, si appassionano, sorprendono. Non tener conto di questi elementi per privilegiare una “scaletta” troppo rigida genera corsi poco gratificanti e poco efficaci.

Diverso è il discorso per le conferenze: in questo caso una scaletta rigida e dettagliata è essenziale dal momento che l’interazione con il gruppo è per definizione molto scarsa.

La progettazione di n progetto formativo di formazione ai formatori nella sanità pubblica è anche il momento in cui andrebbero definiti i parametri, ed i metodi, per la valutazione del percorso: è infatti corretto e necessario che partecipanti e trainer siano consapevoli dei parametri in base ai quali verranno valutati.

Sempre in relazione al filone di riflessione che riguarda le metodologie formative più utili rispetto a popolazione, tempo disponibile e obiettivi, il tema delle esercitazioni rappresenta un aspetto cruciale: sceglierle, costruirle, presentarle, condurle, restituire gli esiti sono passaggi che devono essere ripensati di gruppo in gruppo e spesso pongono problemi pratici o relazionali. Un primo passaggio utile è quello di confrontarsi sul rapporto tra attese della popolazione- obiettivo e tipologie di esercitazione da proporre, considerando anche i vincoli temporali: ludica o strumentale? Individuale, in plenaria o in sottogruppi? Strutturata, quanto? Cosa restituire, quando e come? Classica o nuova? Proiettiva o diretta? Semplice o complessa? Non esiste una risposta che vada ben per ogni gruppo: è necessario costruire le esercitazioni considerando lo schema completo delle variabili.

Il tutor (parola latina, non inglese!) è colui che in primo luogo protegge (da tueri) chi gli viene affidato.   Ma protegge da che? Dall’ignoranza, considerata dai latini un grave problema, e non a torto.

Il tutor moderno è quindi un educatore/accompagnatore che ha il compito di insegnare buone prassi, di evitare errori, ma anche ha ereditato le responsabilità etiche del suo antenato, sia nell’essere di esempio, sia nel valutare l’operato di chi assiste, e non ultima la responsabilità di ascoltare ed incoraggiare.

Nelle grandi organizzazioni, come sono gli ospedali, a queste si aggiunge la responsabilità di favorire l’integrazione sia nelle dinamiche organizzative, sia in quelle relazionali. Oltre alla responsabilità non indifferente di valutare le prestazioni dell’allievo e la sua idoneità a svolgere la professione in un determinato contesto.

 Anche qui una breve sintesi delle attività realizzate >>

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