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fiori di pruno selvaticoIL PAZIENTE ONCOLOGICO


DIARIO PAZIENTE ONCOLOGICO

dalla scoperta della malattia alla diagnosi definitiva del tipo di cancro

scenari ipotizzabili e le ansie del paziente

Il tempo che va dalla scoperta della malattia alla diagnosi definitiva del tipo di cancro del quale si è affetti è senza dubbio una delle fasi più ansiogene che passa il paziente oncologico. In alcuni casi la diagnosi è più tempestiva, in altri invece i tempi sono decisamente più lunghi.  In questo caso  il tipo di esami ai quali il paziente oncologico viene sottoposto e le tempistiche relative all’elaborazione degli esiti creano un periodo di tempo di circa 20 giorni un mese durante il quale non vengono formulate diagnosi precise, ma si evidenzia  lo scenario clinico possibile che potrebbe emergere da questi primi dati. Ovviamente gli scenari che si prospettano non sono certo tranquillizzanti, nel mio caso si andava dalla possibilità di essere affetti da linfoma, da accertarne il tipo, oppure un cancro germinale, vale a dire a carico degli organi genitali, oppure un tumore delle parti molli. Bisognava in pratica analizzare la natura di una massa di notevoli dimensioni presente nella cavità addominale, che premeva sugli organi e che aveva già provocato una trombosi e la compressione dell’uretere. Sebbene la possibilità di cura fossero in tutti i casi elevate, provocava ansia il tipo di conseguenze che la cura avrebbe apportato, con eventuale impatto sulla mia qualità di vita. E’ ovvio che in una situazione del genere la maggior parte dei pazienti cerca di avere lumi sulla propria sorte e, sempre nella maggior parte dei casi, ricorre al metodo che può essere più comodo ed immediato per raccogliere informazioni, vale a dire internet. Immaginiamoci quale possa essere il quadro che deriva da questa ricerca. Se uno ha una situazione di ansia, passa nel breve ad uno stato di puro panico! In effetti non è tanto la paura della morte quella che, almeno nel mio caso, condizionava i pensieri e le ansie di me come paziente. Era al contrario il sopravvivere in condizioni menomate, subire pratiche e cure invasive, andare incontro ad una invalidità più o meno marcata, in pratica dover vivere una vita che diventa un peso vivere. In questo caso mi sentirei di dare un consiglio sia ai medici sia ai pazienti. Ai primi direi di evitare di esprimere pareri che non siano legati a diagnosi più che precise. Ai secondi di non lasciarsi condizionare da quanto si può trovare su internet o ci possa essere riferito per sentito dire di esperienze vissute da terze persone. Le risposte alle cure e anche gli effetti collaterali delle cure variano moltissimo da persona a persona. L’importante per me era il comprendere di essere passati da una fase nella quale la malattia era allo stato latente, a quello in cui la malattia era all’inizio della cura e che il ruolo più importante l’avrei giocato io. Avevo antropomorfizzato il tumore chiamandolo Alien, e avevo in questo modo dato inizio ad una battaglia contro un qualcosa di tangibile, come se fosse un combattimento ad armi pari contro un qualcosa di vivo che stava dentro di me. Potevo sconfiggerlo in quanto avevo la possibilità di rapportarmi con lui, quasi interloquire; una battaglia che avrebbe portato ad un solo esito, ne sarebbe rimasto solo uno, come ne film Highlander, ma quell’uno sarei stato io.

Bruno Paolo Benedetti

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